venerdì 28 luglio 2017

Le invasioni barbariche

Un film per pochi, fatto di dialoghi, sensazioni, presenta una lettura a piu' strati. Leggendo la recensione del Morandini mi accorgo che (come al solito) ha toppato ancora. Un certo antiamericanismo a prescindere confonde un poco certa gente, oppure, non voglio fare affermazioni eccessive, ma, o non ha viso per niente il film o (peggio) non l’ha capito. I "barbari" non sono i non-americani, gli “alien” dei documenti. I "barbari" sono impersonati dal figlio del protagonista, Remy, quelli cresciuti nella cultura “yuppie” degli anni 80 (tra l’altro il film è il seguito de “Il declino dell'impero americano” del 1986) Il figlio, Sebastien che vive e lavora a Londra, è ossessionato dalla cultura del denaro e della finanza contro i principi del padre, un intellettuale di sinistra convinto fino alla fine (letteralmente) del suo modo di vivere. Il figlio, Sebastien ha  abbandonando la cultura vera alla quale, invece, si avvicina la figlia tossicodipendente dell'amante di Remy (nella sequenza finale, superba carrellata fra i dorsi dei libri della biblioteca). Pur dimostrandogli un enorme affetto, in punto di morte il padre glielo dice anche "ecco sono arrivati i barbari". Questo è un altro di quei film (tanti) che non ho visto al cinema perché sinceramente non ne ero interessato, ricordo che vedevo le locandine sui giornali o in giro ma non aveva catturato la mia attenzione. Si potrebbe dedurre che ho sbagliato, che ho perso l’occasione di aver visto un film veramente bello in sala. E invece no. Sono contento di averlo visto nel mio divano, da solo, di notte tardi.

Risultato immagini per le invasioni barbariche locandina

titolo: Le invasioni barbariche
titolo originale: Les invasions barbares
anno: 2003
paese: Canada, Francia
regia: Denys Arcand
attori: Remy Girard, Stephane Rousseau, 

giovedì 6 luglio 2017

La casa muta - anzi, mutissima

Non bastano virtuosissimi di regia per far apprezzare un film che, in fondo, e' noioso. Quando dopo 20 minuti di film hai già capito la storia, ad un'ora di film la protagonista (a cui hanno appena ucciso il padre, o almeno, ne e' convinta) continua a cercare in vecchie credenze non si sa cosa e poi ancora la stessa identica situazione si ripete dopo altri 20 minuti (ma questa volta con una torcia elettrica piuttosto che con una lampada a gas) si capisce che prolungare a dismisura un cortometraggio risulta essere una presa in giro. Due stelle solo per la fotografia che e' davvero notevole ma, ribadisco, non basta.